Il virus della speranza socialista
23 maggio 2020
Una delle cose bizzarre degli Stati uniti, ai nostri occhi, sono i gruppi evangelici che aspettano la fine dei tempi, anche chiamata rapture: l’evento apocalittico nel quale Gesù tornerà per una seconda volta sulla terra, e chiamerà a sé la comunità dei fedeli facendola salire fisicamente tra le nuvole.
Noi europei, oltre a mangiare meglio, amiamo considerarci più sofisticati di chi vive oltre Atlantico; eppure, queste settimane ci hanno ricordato che anche il nostro Continente ospita un culto messianico ricco di adepti – che si chiama socialismo. In questo caso il profeta barbuto si chiama Marx anziché Gesù, e la buona novella non è spirituale ma economica: l’inevitabile collasso del sistema capitalista, punto di inizio della transizione verso la versione statalista del Paradiso in terra.
Lo abbiamo visto in ogni crisi: dalle crepe del sistema economico spunta la speranza di essere finalmente di fronte al redde rationem, alla sconfitta del Grande Satana – che oggi viene identificato con il «neoliberismo», qualunque cosa sia.
Ma con tutto quello che oggi ci preoccupa, occorre davvero questa riflessioncina filosofica? La risposta è sì, perché le ideologie di cui ci serviamo per inquadrare la realtà hanno anche il potere di cambiarla – specialmente quando sono seguite, con fervore religioso, da una minoranza agguerritissima.
Fateci caso. Molte prese di posizione, in queste settimane, tradiscono l’ansia di «vedere il mondo bruciare» per dirla con Batman. C’è una vena di piacere perverso nel modo in cui alcuni osservatori chiedono un «lockdown» a oltranza, brandendo le statistiche sanitarie come una spada contro chiunque osi attirare l’attenzione sui danni incalcolabili – anzi no: fin qui sono 57 miliardi di franchi, il costo di tre AlpTransit – che stiamo provocando alla nostra economia, che sono poi le persone che vivono in questo Paese. E al grido di battaglia “ci vuole un cambio di paradigma!” si invoca uno Stato sempre più regolatore, invadente come il sapore del coriandolo dosato male.
Stiamo assistendo, insomma, all’epifania del socialismo «accelerazionista», che nel coronavirus vede il germe in grado di uccidere il capitalismo – e intende fare tutto il possibile per accelerare questo processo di distruzione dell’ordine sociale esistente. Ora mettete insieme questa forza oscura con l’altro movimento apocalittico, l’ambientalismo antiumanista, che considera la nostra specie «un virus per il Pianeta», e vuole punirci politicamente per le sofferenze che la crescita economica infligge agli ecosistemi.
Il risultato di questa fusione ideologica assomiglia a quei mostri dei cartoni animati giapponesi, una specie di Godzilla con le ali. Per metterlo al tappeto servirà un super robot che si costruisce mettendo insieme diverse navicelle spaziali. Per tornare alla realtà politica, le forze liberali devono unirsi e sfoderare una visione del futuro del Paese dove libertà e sostenibilità – ambientale, sociale e intergenerazionale – dialogano senza sosta.
La controffensiva si preannuncia dura, e il primo passo consiste appunto nello smascherare i pensieri inconfessabili che si nascondono nell’animo dei nemici dichiarati di tutto ciò che la Svizzera contemporanea incarna.