Alessandro Speziali

Viva il Natale, una festa liberale

24 dicembre 2019

Qualche giorno fa una coppia di amici mi ha mostrato una fotografia: girando per mercatini, ha approfittato di un presepe in scala 1:1 per infilare nella mangiatoia – per il momento ancora vuota – il loro bimbo, che negli scatti rivolge uno sguardo piuttosto perplesso al bue e all’asinello. Un omaggio un po’ irriverente, che mi ha fatto pensare al nostro rapporto con il Natale; una festa che rimane viva nei segni, dai regali alle doverose cene in famiglia, ma che sembra sempre più lontana nei suoi significati.

Certo, la secolarizzazione procede a una velocità impressionante: andate a un battesimo e ve ne accorgerete, con i preti che – gentili o scocciati – devono ricordare agli «occasionali della chiesa» anche le formule più basicE con il tuo spirito»), che le generazioni prima della mia si sono viste inculcare con uno zelo a prova di oblio.

Ciononostante, anche senza essere devoti cristiani (come chi vi scrive), il Natale porta con sé un messaggio universale e positivo che, in tempi di pessimismo cosmico, sarebbe peccato non accogliere nella sua semplicità – anche perché è gratuito. Quel che ci dice Gesù Bambino, banalmente, è che ogni nascita dà voce alla speranza di tutta l’umanità – perché ogni bambino, crescendo, potrebbe essere il nostro salvatore: l’inventore della cura contro una malattia, l’artefice di una rivoluzione artistica, o magari solo una brava persona.

Con buona pace degli anticlericali fuori tempo massimo, è chiarissimo il legame fra il racconto della Natività e la tradizione liberale: il pensiero politico secondo il quale ogni individuo ha un valore assoluto, che va difeso nel suo carattere irripetibile. Un messaggio che, purtroppo, diventa sempre più difficile trasmettere, oggi che è di nuovo forte la seduzione delle soluzioni collettiviste – che ci chiedono di sacrificare il singolo in nome di un bene superiore, che non si chiama più Rivoluzione del proletariato, ma lotta all’Apocalisse ambientale.

Nessuno nega l’emergenza planetaria: questo però non ci deve spingere fra le braccia di chi usa la scienza come grimaldello (salvo quando si parla di 5G) per contrabbandare un’ideologia lugubre e pericolosa. Nutrendosi della paura per il futuro della Terra, attorno a noi prendono forza idee (al limite dell’anti-umanesimo) che fino a qualche anno fa avrebbero suscitato al massimo qualche sorriso. L’idea che chi prende un aereo è un criminale, che dovremmo abolire le automobili private, che se “mangi animali morti” sei un ecocida, fino a posizioni sempre più deliranti come quelle per cui gli esseri umani sono un virus del Pianeta, e sarebbe meglio non avere figli per «ridurre il nostro carico ambientale». Senza alzare il tono più di tanto, mi chiedo quanto tempo passerà prima che qualcuno trasformi l’invito alla sterilità volontaria nell’impegno attivo per la decrescita demografica …

Forse siamo stati un po’ precipitosi pensando di avere archiviato, alla fine del ‘900, le fantasie collettiviste e i bagni di sangue che hanno provocato. La battaglia per l’umanità, a favore del primato di ogni individuo su qualsiasi folla che lo voglia fagocitare, non è un’impresa che ha una fine, ma si rinnova anno dopo anno – proprio come il Natale. L’augurio è che insieme al Bambino, le prossime settimane ci diano la voglia di tornare ad affermare con forza che l’Umanità è difettosa ma fondamentalmente buona e che la salvezza nostra e del Pianeta è compito di ognuno, senza delegarlo a nuovi profeti che dicono di parlare in nome della Verità.

 

Buon Natale a tutte e a tutti, ne abbiamo bisogno.