Alessandro Speziali

Congiunzioni problematiche, per davvero

21 settembre 2019

Anche in Svizzera si sono coagulate forze conservatrici e alternative che – sebbene partano da fronti opposti – si oppongono sistematicamente alle novità tecnologiche o perfino alle evidenze scientifiche. Se un approccio critico è certamente più ragionevole della cieca fiducia nella scienza, questo movimento trasversale serve soprattutto a chi cerca di rastrellare consensi, lottando contro un sistema economico accusato di servire solo i «poteri forti».

Chiuso il ciclo NO-VAX – che vede le vaccinazioni come una trovata dei grossi gruppi farmaceutici – l’ultimo bersaglio è la tecnologia “5G”. Per alcuni mesi è stata palpabilissima l’agitazione attorno all’arrivo di questo nuovo standard di prestazioni e velocità nell’ambito della telefonia mobile. Sebbene gli argomenti sollevati dondolino tra l’inconsistenza scientifica e l’isteria, le proposte di moratoria si sono propagate in tutta la Svizzera, a livello comunale e cantonale, facendo rizzare le antenne (è proprio il caso di dirlo …) a larghe fasce della popolazione. La notizia che a breve la Swisscom vorrebbe coprire il 90% del territorio nazionale con la rete 5G ha generato una valanga di resistenze e richieste di veto. Un moto che nemmeno il sorriso rassicurante di Federer sulle pubblicità Sunrise ha saputo sopire.

Se poi all’emotività dell’essere umano si aggiunge il cosiddetto “effetto framing”, chi cavalca la fobia da 5G ha gioco facile. Il meccanismo è banale: una moratoria o una proibizione è necessaria “finché la scienza non dimostrerà in maniera provata e indipendente che la tecnologia del 5G è innocua”. Una richiesta che sembra comprensibile, giustificata e sacrosanta, senonché i punti sollevati siano già stati chiariti. Sono due, infatti, i fattori che determinano gli effetti di queste reti sull’uomo: la frequenza e la potenza. Per quanto concerne la frequenza, sappiamo già che la tecnologia 5G è innocua quanto lo standard precedente, con le sue onde nelle quali siamo immersi. Quanto alla potenza, continueranno a valere i limiti fissati dalla legge attuale: l’intensità delle radiazioni non può superare quella delle attuali antenne dei nostri cellulari, che portiamo in tasca o appoggiamo a due spanne dal nostro cuscino. Ciononostante, la campagna contro il 5G si è diffusa velocemente, tenendo banco ancora oggi nonostante prese di posizione della comunità scientifica (non militante) e di uffici federali da sempre parecchio zelanti, soprattutto quando si tratta di salute pubblica.

Agitare lo spettro di una catastrofe è purtroppo una tattica che funziona nella politica di oggi. Il germe del dubbio è molto resistente e spinge pericolosamente a mettere in dubbio perfino quel che in dubbio non è. Finiamo così per trovarci su un piano inclinato che ci allontana dal discorso scientifico per finire su altri registri che si travestono con una presunta rigorosità: l’esito finale è un relativismo dal quale è difficile uscire.

Di fronte a questi pericoli la politica deve tenere ben salde le briglie dello sviluppo tecnologico, senza però soffocarlo. Il nostro Paese è terra d’innovazione, che certamente non è stata costruita sulla pelle dei cittadini. Nessuno desidera che la ricerca porti a scenari pericolosi o eticamente rimproverabili. Ma dobbiamo stare attenti a non alimentare resistenze e pregiudizi che potrebbero rivelarsi molto più nocivi delle tecnologie che denunciano.