Alessandro Speziali

PLR, PPD e il passato eterno

30 luglio 2019

Il progetto di congiunzione fra PLR e PPD ha animato il classico torpore estivo della nostra politica, provocando accelerazioni cardiovascolari certo comprensibili, ma non per forza giustificate. Da agnostico e liberaleradicale irriducibile, confesso che questa opzione non mi sembra né annacquare i valori dei due partiti, né esprimere chissà quale «crisi di valori». Provo a spiegare perché.

Il contesto politico – Ai due poli della nostra politica si sono consolidate narrative antagoniste, ma in parte sovrapposte. A destra l’alleanza poggia sull’isteria anti-UE, per cui traditori della Patria non sono solo quei pochi «giapponesi nella foresta» ancora favorevoli all’adesione, ma perfino chi vorrebbe solo trovare un modo per convivere con gli Stati dai quali siamo pur sempre circondati. A sinistra, invece, l’attuale coagulo ha una verve movimentista, che mette al bando ogni compromesso per un’azione «celodurista»; tutto è letto con gli occhiali dell’ideologia, dagli sgravi alle assicurazioni sociali, dal vedere fascisti e nazisti a ogni angolo di strada all’obbligo di parlare con gli asterischi per non offendere la comunità LGBTQI+ (presto la sigla utilizzerà tutto l’alfabeto). Lega e UDC, PS con Verdi e altri massimalisti sono tutti accomunati dalla passione per la Schwarzmalerei: un pessimismo cosmico per tutto ciò che riguarda l’economia cantonale di un Ticino ormai accostato al Gambia. Chiunque osi mettere in discussione questa visione nerissima è un borghese euro-turbo avido e asservito a chissà quale lobby. L’unica soluzione offerta è il consueto richiamo a uno Stato sempre più interventista – salvo quando l’UDC si scopre liberale ad intermittenza. I tanti slanci positivi e l’intraprendenza che animano il nostro Cantone sono soffocati fra recriminazioni e proposte (purtroppo) inefficaci o controproducenti.

E i partiti storici? – In questo contesto, un centro che si estenda dal centrodestra al centrosinistra – già oggi presenti nel PLR e nel PPD – può essere il terzo polo: nel merito e nel metodo. Questo non significa trasformarsi in uno sciroppino insipido, solo per fare da ago della bilancia fra gli opposti estremismi. A livello federale questo terzo polo sta già prendendo forma e ottiene risultati fondamentali: la via bilaterale, una socialità sostenibile e giusta per tutte le generazioni, una assennata politica dei trasporti e ambientale, un’economia aperta e una visione federalista e liberale della Svizzera – senza che lo Stato intervenga ovunque e comunque.

Il passato eterno - La possibilità di una congiunzione è stata impietosamente bocciata, da alcuni osservatori, richiamando antagonismi storici che a volte sembra davvero impossibile consegnare al passato. Il vissuto insegna, certo, ma sarebbe bene che ci interrogassimo su presente e – soprattutto –futuro. Da liberaleradicale, mi limito a osservare che non c’è bisogno di accanirsi nelle battaglie laiciste; la religiosità è oggigiorno espressa soprattutto nell’intimo di ciascuno, salvo sparute eccezioni che non possiamo in nessun caso etichettare come «massicci rigurgiti reazionari».

Nuove generazioni – La principale minaccia per le nuove generazioni non sono le visite pastorali nelle scuole dell’obbligo, ma la tenuta del sistema economico e previdenziale, che le generazioni passate si sono costruite su misura – e stanno funzionando a loro esclusivo vantaggio. La sfida è consegnare alle prossime generazioni un Paese in salute, senza caricare sulle spalle dei giovani ipoteche i cui interessi e ammortamenti potrebbero risultare insostenibili. Parlare di trasporti, lavoro e ambiente oggi significa parlare di libertà e dignità della persona. Consolidare il nascente «terzo polo» come un argine del buon senso a difesa di una Svizzera liberale (nel senso filosofico del termine) non è pragmatismo cadregaro: è il progetto di una politica concreta, equilibrata e sostenibile, molto svizzera, della quale il nostro Paese ha bisogno.

Al timone e non al finestrino – Nessuno parla di costituire una lista unica: la scheda elettorale sarà la stessa di sempre. Si tratterà insomma di sommare – e non di fondere – in modo che questo terzo polo prenda vita senza perdere le sfumature che già oggi si trovano all’interno dei nostri due partiti. La scelta, in fondo, è fra scrivere di nostro pugno le pagine dei libri di storia del futuro, o arrenderci e tentare di resistere passivamente ai movimenti della Storia. Purtroppo, a differenza di altri osservatori della politica ticinese, non ho le capacità di comunicare con persone e parenti nell’aldilà. Non mi sorprenderebbe, però, se il mio buon nonno si destasse dal sonno eterno e mi dicesse: “teh ma a sii ammò chì a fàv la guèra?! ”.