Identità e concretezza per la Valle Verzasca
18 ottobre 2018
Dal 1. giugno Alessandro Speziali – (classe 1983), di Minusio, prima collaboratore scientifico e poi Ispettore dei Comuni presso la Sezione degli enti locali del Dipartimento delle istituzioni – è Coordinatore dei progetti regionali del Masterplan Verzasca 2030. Abbiamo deciso di scoprire un po’ di più su di lui, sugli obiettivi del suo lavoro e – più in generale – sulla Valle Verzasca. Lo abbiamo incontrato nella sua sede di lavoro, a Lavertezzo Valle. Alessandro Speziali. Come mai questo balzo da Bellinzona fino a pochi metri dal famoso Ponte dei Salti?
«In questi anni ho esplorato la realtà dei Comuni, dalle aggregazioni alla vigilanza amministrativa e finanziaria. Dopo gli studi in scienze politiche a Losanna mi sono dunque avvicinato al funzionamento concreto del territorio. Poi, qualche tempo fa, ho sentito dell’avvio del Masterplan della Valle Verzasca e ho letto il piano di sviluppo: non potevo non entusiasmarmi. Ho partecipato al concorso… ed eccomi qui».
Quindi ci crede in questo progetto?
«Eccome. È concreto, non una semplice dichiarazione d’intenti. Sono stati coinvolti i Comuni, i Patriziati, l’Ente regionale di sviluppo, l’Organizzazione turistica, associazioni e fondazioni. Così come, in modo molto partecipativo, la popolazione. Una logica dal basso, per definire i bisogni veri e passare alle misure concrete. Alcuni progetti sono già terminati, alcuni in corso e altri in fase di gestazione. Ma tutti coerenti con la vocazione della Valle: migliorare l’attrattiva e la qualità di vita, per chi abita e per chi visita».
La Verzasca sembra risvegliarsi come regione periferica.
«Il rilancio della Verzasca viene da lontano. Parte dalle molte donne e uomini, giovani e anziani, che da tempo dedicano forze, tempo e risorse alla vitalità della Valle. C’è un affetto sincero per il territorio. Il Masterplan ha condensato visioni, aspettative e problemi, definendo esigenze e individuando tutti quei progetti capaci dirispondere a questi bisogni».
Cosa si nasconde dietro il termine un po’ criptico di “Masterplan”?
«È un piano di sviluppo regionale, nato – grazie all’impulso del Cantone – per riposizionare la Valle Verzasca e identificare la sua traiettoria futura. Quest’ultima si poggia su tre assi di rilancio: il “Vivere e lavorare in valle”, il “Turismo” e il “Territorio”. Ognuno dei progetti è poi coerente con questa concezione».
Andiamo quindi con ordine. Cominciamo con il “Vivere e lavorare in valle”.
«Dobbiamo rendere più attrattiva la residenza primaria in valle. Un esempio è la nuova mobilità: un progetto appena avviato per offrire servizi su misura ed economici per gli abitanti: famiglie, giovani e anziani. La soluzione parte dalla coordinazione, condivisione e collaborazione tra pubblico e privato, con vantaggi per tutti. Ma vivere in Valle significa anche poterci lavorare, definendo per esempio quelle zone artigianali che soddisfino le necessità che le ditte locali ci hanno indicato. A breve metteremo a disposizione spazi di lavoro da condividere (co-working), pensati soprattutto per i giovani che si stanno lanciando nella propria attività. E forse qualcuno prenderà casa lì vicino. No?»
L’area “Turismo” immagino sia piena di progetti.
«Il turismo è una risorsa per la Valle, ma solo se sostenibile e… redditizio. Vogliamo essere una destinazione dove sia bello e interessante pernottare, riducendo il mordi e fuggi. L’hotel diffuso a Corippo sta camminando con le proprie gambe dopo un lungo lavoro della Fondazione Corippo, e andrà ad aggiungersi all’attuale offerta di camere, rustici e capanne. Dopodiché sono fondamentali due progetti. Da una parte, la realizzazione del campeggio a Brione, che procede verso il suo businessplan grazie alla propositività del Patriziato. Dall’altra, il centro sportivo a Sonogno, che andrà oltre l’aspetto delle infrastrutture polisportive. L’obiettivo è integrare la Colonia OCST cosicché sportivi, scuole e gruppi potranno trattenersi più giorni in valle, dando ossigeno all’economia locale lungo tutte e quattro le stagioni».
E per quanto concerne il “Territorio”?
«Il paesaggio, dai monti ai nuclei, è il cuore della bellezza della nostra Valle. La cura dei sentieri, il sostegno ai progetti agricoli o l’elaborazione di una visione comprensoriale disegnano un territorio che va curato. Quest’estate, tra l’altro, abbiamo promosso – in collaborazione con il Dipartimento del territorio e ConsultaTI – una campagna di sensibilizzazione contro il littering, ovvero l’abbandono dei rifiuti sul territorio. E a ottobre concluderemo con una giornata di volontariato dedicata alla pulizia del fiume. Come vede, ci sono progetti ampi e altri più puntuali».
Si è parlato molto del rapporto fra turismo e residenti, soprattutto con il fenomeno delle “Maldive di Milano”. La sua impressione?
«È un rapporto inevitabile e necessario. Inevitabile perché il patrimonio che si racchiude all’interno della Valle è una calamita per chicchessia. Necessario perché senza il turismo si prosciugherebbe una delle maggiori fonti di risorse finanziarie. L’obiettivo dunque è di modellare un turismo sostenibile, che rispetta il territorio senza deturparlo, con investimenti ben inseriti nel contesto di valle e utili anche alle persone che lo abitano tutto l’anno. Il rapporto migliora quando la popolazione locale vedrà consolidarsi i servizi di base e facilitare la propria quotidianità. La valle deve essere viva, non un museo a cielo aperto».
Dai social media si nota la sua passione per l’enogastronomia, un settore sempre più in voga. La Valle Verzasca è messa bene?
«La Verzasca ha prodotti caseari e salumi che non esiterei a inserire in menu pluristellati. E non è piaggeria! Il talento nella produzione di alcuni prodotti parla da sé, senza dimenticare l’artigianato. Anche tra i vini, prodotti con passione e genuinità, si possono distinguere etichette davvero piacevoli, che non rincorrono mode ma restituiscono uno a uno i sapori originari della vite. Dopodiché ho incontrato ristoratori che si impegnano, che prediligono i prodotti nostrani e che vogliono essere ricordati dai propri ospiti. Ma non hanno vita facile: l’affluenza dipende molto dalla meteo e dalla stagione».
Si sbliancerebbe con qualche consiglio?
«A ognuno il suo mestiere, ci mancherebbe. Sono però convinto, da amante della tavola, che basta poco per entrare nel cuore del cliente e farlo tornare. Quando ci si siede a tavola non si pretendono particolari sofisticazioni, ma qualità nel piatto e passione in cucina. Magari rispolverando qualche vera ricetta verzaschese dei tempi. Se poi sei capace a raccontare il menu e regalare un paio di aneddoti, affascini il turista e convinci il ticinese».
Ma il piano di sviluppo prevede qualcosa anche in quest’ambito?
«Oggi il rilancio di una regione deve passare anche dai peccati di gola. In primavera organizziamo una rassegna nei vari ristoranti della Valle e del Piano che attira diverse centinaia di persone, incuriosite dai piatti legati allavtradizione. Certo, c’è chi fa un po’ di fuoripista, ma anche chi si avventura con intuizioni interessanti. Dopodiché abbiamo Güstem er Verzasca, una passeggiata enogastronomica fra i sapori del territorio che ogni hanno segna il tutto esaurito. Penso che il futuro di questi eventi possa inserirsi in una cornice in cui tradizione e innovazione si abbraccino».
Mi pare dunque di capire che è piuttosto sensibile e vicino alle esigenze del territorio e della gente che lo vive quotidianamente.
«Ho un enorme rispetto per le istituzioni, la storia di Paesi e persone che, sommate, generano una comunità che si sente responsabile del proprio territorio. Chiaro, ci sono molte idee, caratteri diversi, alcuni spigoli e diverse pacche sulle spalle. Ma emerge chiaramente – e non ne dubitavo – la voglia di un futuro capace di innovarsi nel solco dei valori della montagna. Una missione affascinante, vero?»
Vero! Come dargli torto?