Alessandro Speziali

Le valli non sono un museo a cielo aperto

28 settembre 2018

Contrariamente al sogno proibito di alcuni Uffici cantonali e federali, le valli non sono – e non devono diventare – musei a cielo aperto per imbalsamare il mondo che era. Le zone di montagna non sono nemmeno i giardini delle città, necessari per compensare lo sviluppo dei centri che a lungo ha ignorato la necessità di spazi verdi e comuni.

Le valli rappresentano la memoria storica del Ticino frugale, devoto al territorio e coltivatore dell’essenziale. Ma sono anche terre che hanno partorito visionari e personalità che contribuiscono ancora oggi all’evoluzione del Cantone. La traiettoria delle valli deve quindi svilupparsi mantenendo l’equilibrio tra tradizione e libertà di innovarsi.

Quando l’ex presidente Rocco Cattaneo mi ha chiesto di concepire gli obiettivi PLR per la Legislatura 2015-2019, una cosa mi è subito stata chiara: le valli devono costituire un pilastro portante della “casetta” che rappresenta il nostro programma. Il gruppo di lavoro che abbiamo creato su questo tema era uno dei più vivaci, tanto consapevole degli ostacoli quanto determinato a scavalcarli. La pagina 11 del programma – vi invito a rileggerla – racchiude la mappa di questo rilancio, senza la solita cosmetica delle dichiarazioni d’intenti.

Ma prima di tutto occorre che le zone periferiche del Canton Ticino siano abitate, non solo frequentate stagionalmente. Sostenere le valli non è un lusso per completare l’offerta turistica, ma un investimento culturale, sociale, economico e paesaggistico. Lo percepivo prima e ne ho la conferma ora, lavorando quotidianamente per la Valle Verzasca: il territorio deve essere propulsore di sé stesso, senza il bisogno di continui lacci e lacciuoli prodotti da leggi e paternalismi non richiesti.