Alessandro Speziali

La laicità che verrà

27 settembre 2018

A inizio settembre è stata lanciata l’iniziativa popolare «Ticino laico», che intende eliminare dalla Costituzione cantonale (art. 24) i riferimenti alla Chiesa cattolica e a quella protestante. Il nuovo articolo sancirebbe che «Lo Stato è laico e osserva la neutralità religiosa» e che «al fine di proteggere le libertà di coscienza e di credenza, il Cantone e i Comuni non promuovono né sovvenzionano alcuna attività legata ad un culto». Giorgio Grandini ha fatto bene a rompere il silenzio del PLR con un contributo apparso qualche giorno fa sulle colonne del CdT, nel quale accusa il nostro partito di avere deposto le armi orgogliose del libero pensiero. Mi inserisco nel dibattito cominciando con il dichiarare che, pur da liberale che dondola fra l’ateo e l’agnostico, non è che sentissi un gran bisogno di questa iniziativa.

La laicità dello Stato, non per caso, è tradotta in tedesco con il termine Neutralität: nella sua versione ragionevole, è uno strumento utile per non promuovere alcune visioni del mondo a detrimento di altre, per non giustificare trattamenti irragionevolmente differenziati e quindi per disinnescare i conflitti fra le diverse religioni. Nella sua versione integralista, la laicità diventa tuttavia un grimaldello per sdoganare l’idea che le religioni non hanno alcun posto nella sfera pubblica, e per spazzare via tout court la dimensione spirituale dal dibattito politico.

Fortunatamente, nel nostro Paese è stata la ragionevolezza a prevalere – fino a oggi. È una laicità, la nostra, che vieta sì ogni interferenza nella libertà individuale, ma che concede comunque un trattamento giuridico particolare ad alcune comunità religiose. Si tratta di una soluzione della quale possiamo essere soddisfatti: determinate religioni, come quelle nel mirino dell’iniziativa recentemente lanciata in Ticino, hanno un ruolo nel panorama sociale, che è giustificato dalla storia, dalla cultura e dalle tradizioni.

È in tutta tranquillità ammissibile che il nostro Stato riconosca proprio gli elementi cristiani come fonte originaria d’ispirazione dei suoi valori morali (senza per questo determinarne la produzione legislativa). Non dovremmo perciò avvertire nessun malessere leggendo, nel preambolo della Costituzione federale, che «in nome di Dio onnipotente» il Popolo svizzero e i Cantoni sono fatti «consci della loro responsabilità di fronte al creato».

E c’è di più, in una prospettiva liberale: il fatto che esistano «sorgenti morali» del nostro comportamento ci permette di respingere con serenità le richieste di chi vorrebbe una presenza sempre più invasiva, «totalizzante» dello Stato. Non voglio buttarla in filosofia, ma per chi volesse approfondire è possibile leggere lo specialista tedesco Ernst W. Böckenförde, che spiega perché uno Stato liberale secolarizzato non sarebbe nella misura di garantire di per sé le premesse normative su cui intende fondarsi.

La nostra «laicità ragionevole» non si sente insomma ferita quando rifiuta di separare in modo assoluto e perentorio politica e religione. In questa prospettiva, le «ricognizioni valoriali» contenute nelle Costituzioni federale e cantonale non sono in alcun modo anacronistiche. Al contrario. E indipendentemente dalle percentuali di credenti o meno, le nuove generazioni devono potersi confrontare con l’humus dal quale sono scaturite le nostre Magne Charte. Misconoscere le origini della nostra traiettoria esistenziale non è di certo una buona ricetta per provare a orientare politicamente il suo esito.

Non da ultimo, c’è un ancoraggio alla realtà che va pur fatto, anche a rischio di essere accusati di «populismo». Mentre noi ci preoccupiamo di censurare o meno i riferimenti alla nostra tradizione religiosa, altre tradizioni d’importazione inglobano correnti che si mostrano piuttosto agguerrite nel conquistare nuovi adepti. La secolarizzatissima Francia ha condotto battaglie ideologiche simili a quelle di «Ticino laico», con il risultato di assistere alla conquista di ampi territori – soprattutto nelle periferie – da parte di correnti islamiche radicali che ora hanno messo in parentesi le conquiste dello Stato di diritto liberale e illuminista.

Alessandro Speziali
Capogruppo e Presidente PLR Minusio